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ANGITIA
Silius, nelle Punicae (libro VIII, 495-501) scrive:
Angitia, figlia di Eeta, per prima scoprì le male erbe,
così dicono, e maneggiava da padrona
i veleni e traeva giù la luna dal cielo;
con le grida i fiumi tratteneva e,
chiamandole, spogliava i monti delle selve.
Angizia (in latino Angitia o Angita, da anguis, serpente; in peligno
Anaceta[1]) era una divinità adorata dai Marsi, dai Peligni
e da altri popoli osco-umbri, associata al culto dei serpenti.
Poiché i serpenti erano spesso collegati con le arti
curative, Angizia era probabilmente una Dea della guarigione; i Marsi,
che la consideravano più una maga che una dea, le dovevano
la conoscenza dell'uso delle erbe curative, specie quelle contro i
morsi di serpente. Le venivano attribuiti altri poteri, come quelli di
uccidere i serpenti col solo tocco.
Dai Romani veniva talvolta associata alla Bona Dea.
Sulle rive del lago del Fucino sorgeva un'antica città
chiamata Angizia (Anxa), era situata dove ore sorge il cimitero e le
sue rovine sono visibili in tanti posti. La citta, preromanica, era
abitata dai marsi, e i suoi abitati si opposero con forza alla
dominazione e conquista dei romani.
Dopo l'accordo con Roma gli abitanti di Angizia divennero fieri alleati
dell'impero romano e si distinsero sia in battaglia ( La citta' Angizia
è citata anche nell'Eneide) che in pace, essi infatti
erano anche ottimi curatori, e pare che fossero specializzati
nel trattamento contro i morsi dei serpenti.
Il nome Angizia deriva dalla Dea che gli abitanti adoravano, Angizia
appunto, alla quale era stato edificato un tempio del quale si conosce
con esattezza l'ubicazione. La Dea era sorella della piu' famosa Maga
Circe e di Medusa, dea dalla testa ricoperta da serpenti, che
pietrificava gli uomini con il solo sguardo.
Molti reperti venuti alla luce casualmente o durante lavori
pubblici e privati danno testimonianza dell'importanza del sito
archeologico, i suddetti reperti, statue, sculture a bassorilievo,
monete ecc. sono ora custoditi presso il museo storico di Chieti.
Da anni si cerca di iniziare gli scavi archeologici per riportare alla
luce il sito ma per mancanza di fondi e problemi burocratici
la cosa e' sempre stata rimandata. Finalmente, nel 1998 con un
autofinanziamento dell'amministrazione comunale sono iniziati i primi
lavori di scavo che hanno portato alla luce un'imponente tempio di eta'
augustea, colonne doriche e sepolture. Altri scavi hanno fatto seguito
al primo (in collaborazione con l'Universita' di L'Aquila) con ottimi
risultati ed importanti ritrovamenti.