[Segue:
Altre
divinita'
preolimpiche]
RACCONTI
TITANICI
Da
"Mitologia dei Greci" di Carlo Kerenyi
I racconti titanici trattano di Dei che appartengono
a un passato cosi
remoto che noi non li conosciamo se non per una
particolare specie
di storie in cui essi figurano in una
determinata funzione.
Il nome Titan con cui noi li definiamo, ha designato
per lunghissimo
tempo la divinita' del Sole e pare che
originariamente fosse l'alto
titolo degli Dei del cielo, ma ad ogni modo di Dei
del cielo molto
antichi, ancora non sottomessi ad alcuna legge, e
selvaggi.
Per noi essi non erano divinita' del culto, forse
con l'unica eccezione
di Kronos e - se vogliamo contare tra loro anche il
Dio Sole
ormai domato e sottomesso a leggi - di Helios
che qua e là
avevano i loro culti.
Essi erano, invece, Dei che solo nella mitologia
avevano una parte
significativa. Tale parte e' sempre - anche
quando apparenti
vittorie precedono la conclusione definitiva dei
racconti - la parte
dei vinti.
Questi vinti portavano in se' i caratteri di una
generazione maschile
piu' antica, di antenati, cioe', le cui qualita'
pericolose ritornano
nei discendenti.
Come
essi fossero per il resto, apparira'
dalle
storie seguenti.
*
"Il passato "cosi remoto" e'
ovviamente
l'indicazione che ancora questi Dei
rappresentano le Forze Cosmiche in
formazione e nel loro "assestamento". I TITANI
quindi rappresentano
delle Forze Cosmiche a similitudine della Forza
Solare, della sua
Energia sia fisica che ci provieme (calore e
luce) che come
Entità estremamente grande rispetto alle
dimensioni umane.
Gi DEi "antichi" quindi non sono ancora
sottoposti alle leggi fisiche
celesti odierne, ma esse non erano ancora
presenti.
Kronos e' un "punto chiave" che ci potra'
chiarire molte idee.
Uranos, il dio Cielo, si avvicinava di
notte alla
sua sposa, la Terra, la Dea Gaia. Dei due figli
luminosi della Notte e
del Buio, di Aither e di Hemera che erano presenti di
giorno, si
é già fatto parola. Uranos ogni notte veniva ad unirsi
con Gaia. Odiava pero' fin da principio i figli
che generava con
lei.
Appena nascevano, egli li nascondeva e non li lasciava
uscire alla
luce.
Li nascondeva nella cavità interiore della Terra. In
tale
malvagia azione - dice Esiodo
esplicitamente - egli trovava
la sua gioia.
L'immensa dea Gaia era costernata di cio' e si sentiva
troppo angusta
per il peso che rinserrava in se'. Cosí escogitó
(anche
lei) un inganno malvagio.
Trasse fuori dalle sue viscere interne l'orribile
acciaio, e fece una
falce dentellata, e parlo' ai suoi figli.
II loro numero era gia' considerevole. Oltre Okeanos,
Esiodo rammenta:
Koios, Krios, Hyperion, Iapetos e; piú giovane di
tutti, Kronos.
Oltre ai sei fratelli, vi erano poi sei sorelle:
Theia, Rhea,
Themis, Mnemosyne, Phoibe con la corona
d'oro e 1'amabile
Tethys.
Ai figli, e particolarmente a quelli maschi, parlo'
Gaia nel suo
turbamento:
« Aih, figli miei e di un padre scellerato, non volete
ascoltarmi
e punire vostro padre della sua malvagia azione?
Egli fu il primo
ad escogitare un'obbrobriosa azione! »
I figli inorridirono e
nessuno apri bocca.
Solo il grande Kronos, dalla mente tortuosa, si fece
coraggio:
« Madre » - disse - « Io lo prometto e compiero'
l'opera. Non m'importa di nostro padre dal nome
odioso. Fu lui il primo ad escogitare un'obbrobriosa
azione! ».
Allora Gaia si rallegro', nascose il figlio in un
luogo propizio
all'agguato, gli diede in mano la falce e lo inizio'
allo stratagemma.
Quando Uranos venne di notte e, ardente d'amore,
abbraccio' la Terra
coprendola interamente, il figlio l'afferro' con la
mano sinistra dal
suo nascondiglio.
Con la destra prese l'enorme falce, rapidamente
taglio'
la virilità del padre, gettandola dietro le spalle...
Gaia raccolse in se' le gocce di sangue dello sposo.
Fecondata da esse, partori le Erinni - le « forti»,
come
dice Esiodo; i Giganti; e le ninfe del frassino, le
Nymphai Meliai,
dalle quali nacque una dura stirpe umana.
La virilita' del padre cadde
nel mare e cosi nacque Afrodite: tutte storie che si
racconteranno piu' tardi.
Ora aggiungo soltanto quel che Esiodo non ci ha
raccontato, ma che
tutti gli ascoltatori di queste
storie titaniche certo capiranno lo stesso ugualmente:
dal tempo di
quel fatto sanguinoso il Cielo non si avvicina piu'
alla Terra per
l'amplesso notturno. La procreazione primordiale
cesso' e segui il
dominio di Kronos, che e' l'argomento di un'altra
storia titanica.
* Questo episodio
Mitico ci presenta una parte della creazione della
materia.
Gia' viene spiegato che esisteva in queta fase
primordiale
gia' il Buio ed il Giorno, quindi la presenza di
Luce e Buio,
(l'Universo ha gia' acquisito una sorta di esistenza
materiale e non e'
piu' nella fase di indifferenzazione pura.)
Uranos e' Energia che possiamo definire "celeste" o
cosmica... Non e'
materia pesante, ma e' gia' un tipo di Energia di
tipo materico o
tangibile (es.: radiazione cosmiche). "Ogni notte
viene ad unirsi con
Gaia..." Gaia e' la Terra o la materia inerte
(quindi di natura
femminile)... Ma attenzione, in questa fase Gaia è
la materia
che si condensa grazie all'azione Energetica
stellare quindi di Uranos.
La condensazione "o concepimento" avviene nella
notte, quindi nelle
condizioni di freddo, infatti il surriscaldamento
luminoso impedisce
questa azione di "accoppiamento".
Ma le "Entita'" o Dei Titanici concepiti non
riuscivano ancora ad
esistere o a svilupparsi completamente poichè la
stessa Energia
Uranica lo impediva.
Qui posso tentare
una ipotesi che si collega alla nascita di Krono.
Krono e' lo "scorrere del Tempo: Lui da' il
Movimento al Tempo che prima
di lui e' ancora un tempo indefinito. Krono + Era
daranno la
sequenzialita' temporale e la percezione del
presente. Il presente si
potrebbe definire una frazione temporale e lo
possiamo vedere o
concepire in un "movimento" tra passato e futuro.
Kronos e' questo
"movimento" che scorre sulla "lunghezza" di Era.
Gaia "La Materia"
arma la mano del Figlio che colpira' il Padre
Uranos. Con questa azione
Kronos determina in un modo definitivo la fine di un
tempo immutabile:
recide il tempo eterno dall'esitenza del "mondo
materiale". Ed in
seguito le altre Entita' Titaniche potranno esistere
nella
materialita', ossia nel "mondo manifesto".
Da questa azione
che separa definitivamente il mondo trascendente (o
immanente) dal
mondo materiale ossia dal nostro universo
conosciuto, nascono le
Erinni, i Giganti, gli spiriti e le Dee della
nautra. Quindi emozioni
positive o negative, e tutte le altre forze o
Divinità naturali.
La virilita' del
Padre cadde nelle acque del mare e da li sorse
Afrodite: la Dea che
dalla pulsione sessuale diventa forza di attrazione,
sessualita'
bellezza ed anche affettivita': e' la trasformazione
dell'attrazione
Energetica nelle diverse strutture delle umane
emozioni.
L'Energia cosmica grezza che "stupra" la matera
inerte diventera'
Energia che si adatta al partner, come le acque del
mare che si
adattano alle terre, che scorre senza creare un
urto, ma un abbraccio,
quindi diventera' AMORE-ARMONIA.
Finisce pero'
l'Era Primordiale e ne comincia un'altra, in cui il
mondo materiale
prende la forma simile all'attuale, ma purtroppo
questo Mondo ha reciso
un antico legame con "l'Immanete" creativo.
Se da
un
lato
l'azione di Kronos risolve un sistema di forze
opposte in conflitto,
dall'altro lato "recide" un legame col mondo
dell'Anticamadre. L'azione
di Kronos e' una azione violenta e questo fatto
avra' le sue
conseguenze nel prossimo passo.
Zeus infante e la capra Amaltea
Kronos,
Rhea e Zeus
Tra i dodici Titani e Titanesse
menzionate, tre,
fratelli sposarono le proprie sorelle o, meglio, tre
sorelle sposarono
i propri fratelli.
In questi casi Esiodo nomina sempre la dea al primo
posto.
Cosí la Titanessa Theia a Hyperion partori Helios, il
Sole;
Selene, la Luna, ed Eos, l'Aurora. Cosi, sposata da
Koios, Phoibe
divento' madre di una superba schiatta divina, cui
appartengono dee
come
Leto, Artemis e Hekate, e un Dio: Apollon. E cosi,
unitasi a Kronos,
Rhea gli partori tre figlie e tre figli: le grandi dee
Hestia, Demeter
e Hera e i grandi Dei Hades, Poseidon e Zeus. Come il
padre Kronos era
il figlio piú giovane di Uranos, cosi, secondo Esiodo
che per il
periodo antecedente alla sovranita' di Zeus mette in
rilievo la
discendenza matrilineare, Zeus era il figlio piu'
giovane di Rhea e di
Kronos.
Coloro che, come Omero, tenevano alla discendenza in
linea paterna,
ritenevano Zeus il figlio maggiore di Kronos.
Nel raccontare pero' le
storie titaniche e' meglio seguire Esiodo che non
Omero il quale -
come pure tutta la sua scuola poetica disdegnava
questo genere di racconti e
li ricordava solo di rado e in via piuttosto allusiva.
Il grande Kronos inghiottiva tutti i suoi figli, a
mano a mano che uno
uscendo dal sacro grembo raggiungeva le ginocchia
della madre.
Egli era il re tra i figli di Uranos e non desiderava
che un altro Dio,
dopo di lui si impossessasse di quella dignità.
Aveva appreso
dalla madre Gaia e dal padre, il Cielo stellato, che
era suo destino di
venir
rovesciato da un figlio forte. Perciò stava sempre in
agguato e
divorava i suoi figli : cio' che, d'altra parte, era
per Rhea una pena
insopportabile.
Allorche' la Dea quando fu in procinto di
mettere al mondo Zeus, il
futuro padre degli Dei e degli uomini, si rivolse ai
suoi genitori, la
Terra e il Cielo stellato, per farsi consigliare da
loro, in che modo
avrebbe potuto dare nascostamente alla luce Zeus e
vendicarsi del padre e degli
altri figli che Kronos aveva ingoiato. Gaia e Uranos
ascoltarono la
figlia e le rivelarono, l'avvenire deciso per Kronos e
per suo
figlio. I genitori mandarono Rhea a Lyktos, nell'isola
di Creta :
lí Gaia accolse il neonato. Rhea aveva portato il
bambino a
Lyktos in una notte buia e lo nascose in una grotta
del boscoso monte
Aigaion.
Al figlio di Uranos, al primo re degli Dei porse una
grossa pietra
avvolta in fasce. Il Terribile la prese e la ingoiò
nel ventre
senza accorgersi che il figlio, invitto e noncurante
di lui, aspettava
soltanto di rovesciare il padre, privandolo della sua
dignita' regale, e di regnare al suo
posto.
Presto crebbero le membra e il coraggio di quel
sovrano - Esiodo non lo
chiama basileus, "re", ma anax, Signore, come infatti
si chiamano i
nostri Dei sotto la nuova sovranità - finche' poi, col
compimento del tempo, si giunse al momento in cui
Kronos fu vinto con inganno da Zeus e
restitui i figli ingoiati.
Oltre ai propri fratelli, Zeus libero' anche
i fratelli del padre incatenati pure da Uranos: e
anzitutto i Ciclopi.
Questi, per riconoscenza; gli regalarono il tuono e il
fulmine, segno e
strumento della sua potenza. A Kronos é rimasto
legato, per noi,
il ricordo dell'eta' aurea. Il suo regno coincide con
un periodo felice
del
mondo che si dovrà descrìvere piú tardi.
Quanto
strettamente siano connesse queste due cose, lo mostra
l'ulteriore
storia di Kro-nos che altri poeti hanno raccontato piú
estesamente di Esiodo. In quel tempo,
nell'eta' aurea, miele stillava dalle querce.
I fedeli di Orfeo
sapevano cosi che Kronos dor- miva inebbriato dal
miele - il vino,
infatti, non esisteva ancora - quando Zeus gli mise le
catene.
Egli incateno' il padre, per trascinare l'antico Dio
in quel luogo,
dove Kronos - e con lui
anche l'eta' aurea - permangono tuttora, all'estremo
margine della
terra, sulle Isole dei Beati. La' si reco' Zeus con
suo padre.
Ivi le aure spiranti dall'Okeanos accarezzano la torre
di Kronos, ed
ivi egli e' re, "lo sposo di Rhea, dea che
troneggia in alto,
sopra ogni cosa".
*E' ovvio che
Dei e Dee si unissero fra di
loro per generare altri Dei con delle "funzioni"
diverse e piu'
dettagliate. Ma Koronos venne a conoscenza che un
suo figlio lo avrebbe
spodestato, quindi dato che i suoi figli avuti con
Era erano immortali
ebbe l'idea di ingoiarli.
Simile idea non era poi tanto diversa da quella di
suo padre Uranos...
Kronos ha determinato con Era lo scorrere del
Tempo. Tale fatto fa si
che le cose del mondo materiale cambino e non
siano sempre uguali e che
non siano mai in uno stato di stabilita'
permanente. Kronos quindi
cerca di bloccare la "crescita" delle Entita' o
Forze che lui stesso ha
generato. E' l'istinto che cerca di premunirsi dal
cambiamento e da un
eventuale decadimento. Quindi "blocca, congela" il
risultato delle sue
azioni per mantenere la stabilita' e la
conservazione. Ma ad un certo
punto Era (quindi lo scorrere del tempo stesso)
agira' comunque in un
modo diverso. Salva dal solito destino
l'ultimo nato Zeus.
Zeus rappresenta per l'uomo anche l'uso della
mente logica e
dell'intelletto, quindi la lucidita' delle scelte
ragionate. Zeus con
l'intelligenza piuttosto che con la bruta violenza
libera le
Potenzialita' che si dovevano liberare.
Lotte
di Dei e di titani
In tempi piu' antichi la nostra mitologia conteneva
diversi racconti
intorno alle lotte degli Dei, piu' tardi caduti in
oblio.
La cattura in cui Kronos era incorso per opera del
figlio, mirlaccio'
una volta anche quest'ultimo. Omero allude al fatto
che Zeus in
un'occasione fu quasi legato dai suoi fratelli piu'
potenti:
da Hera e Poseidon, e da Pallas Athene. Ma Thetis,
nella sua qualita'
di grande dea del mare, mandó su dalle profondita' uno
dei tre
"Centobraccia": e precisamente quello che gli déi
chiamavon
Briareos,
gli uomini Aigaion. Probabilmente in un tempo egli
solo regnava, con la
dea, sulle profondita' del mare Egeo. Il
"Centobraccia", fiero della
sua celebre funzione, si piazzo', come protettore,
accanto al figlio di
Kronos.
Gli déi beati si spaventarono e non misero piu' le
catene a
Zeus.
Fu anche solo con 1'aiuto di simili mostri benevoli, i
quali a suo
tempo avevano fatto precipitare Uranos nell'abisso,
che Zeus riusci ad
affermare il suo potere contro i figli sfrenati del
Cielo, piu' simili
di lui al padre.
Cosi racconta Esiodo: Da dieci lunghi anni lottavano,
in dolorosa
battaglia, i Titani e i figli di Rhea e di Kronos, gli
uni contro gli
altri.
Gli déi antichi, i Titani, avevano le loro posizioni
sulla cima
dell'Othrys, Zeus e i suoi fratelli su quella del
monte Olimpo.
Non vi era possibilità di decisione. Allora Gaia
rivelo' ai
nuovi Dei il segreto della vittoria. Seguendo il suo
consiglio essi
riportarono gli Hekatoncheiri, Briareos, Kottos e Gyes
dalle
profondita' dell'estremo
margine della terra; li rifocillarono con nettare ed
ambrosia, la
bevanda e il cibo degli Dei, e Zeus li invito' a
lottare, per
riconoscenza, al suo fianco contro i Titani. Kottos lo
promise in nome
di tutt'e tre.
La battaglia ricominció da capo. Dei e dee stavano
schierati da
entrambe le parti. Ma i nuovi combattenti avevano
trecento mani.
Nelle trecento mani essi presero trecentro pietre.
Con una tale pioggia di pietre, essi travolsero i
Titani e suggellarono
la loro fine.
I vinti vennero incatenati e precipitati nel Tartaro,
a una distanza
cosi grande sotto la terra, quale e' la distanza
che separa la
terra stessa dal cielo : un'incudine cade per nove
notti e nove giorni
dal cielo per
raggiungere nel decimo giorno la terra; per nove notti
e nove giorni
essa cade dalla terra per arrivare, nel decimo giorno,
al Tartaro.
Un muro di metallo circonda il Tartaro. Una triplice
notte cinge il
collo di questa fortezza.
Sopra di essa crescono le radici della terra e del
mare deserto.
Il buio nasconde la' dentro i Titani che non possono
piú
evadere, poiche' Poseidon vi ha messo porte di
metallo.
Come custodi
fedeli vegliano davanti a queste, messi li da Zeus,
Gyes, Kottos e
Briareos.
Viene inoltre narrato - non si sa, se da Esiodo
stesso o da
qualcun'altro che, per salvare l'onore di Zeus, ha
aggiunto ancora
questo particolare alla storia - che la svolta
decisiva nella battaglia
contro i Titani sia stata determinata ugualmente dai
fulmini del nuovo sovrano.
Ma il tuono e il fulmine, Zeus li ha ottenuti, come é
già
stato raccontato, dalle profondità : dai Ciclopi
che egli
ha similmente liberati.
Comunque, i figli del Cielo e della Terra sono stati
vinti con l'aiuto
di Gaia e dei suoi figli, figli della Terra e del
Cielo.
*Ovviamente qui nasce
la lotta tra le
forze conservatrici e quelle conservatrici insite
nella natura.
Forse Telluriche diverse entrano in gioco
con Zeus che se ne
allea oppure con Kronos che puo' contare
sull'aiuto degli Dei che lui
ha liberato.
Questa lotta ha alterne vicende, ora sembra
prevalere l'uno, ora
l'altro schieramento.
La guerra tra Dei ci riporta alle gueree che
spesso mintercorrono tra
gli uomini, e forse questi racconti ci
rappresentano una di queste
guerre, ma ci raccontano anche l'aspetto
metafisico e delle forze
cosmiche che si contrastano e talvolta creano
uragani o movimenti
tellurici e catasstrofi naturali.
In fondo l'Uomo e' il microcosmo (o specchio) di
queste Foze e delle
azioni di Dei.
Typhoeus
o
Typhon, Zeus e
Aigipan
Anche questa é una storia molto antica
che
nemmeno Esiodo o coloro che hanno ampliato iI suo
poema sull'origine
degli Dei, ci hanno voluto raccontare, ma che
ci e' ritornata
dall'Asia Minore.
Si puo' ben dire "ritornata", poiché la grotta detta
"sacco di
pelle" (korykos) - il Korykion antron e anche una
dragonessa di nome
Delphyne connessa con il dragone Typhon ricorrono da
noi, a Delfi,
esattamente
come lassú in Cilicia. Solo che nell'Asia Minore come
awersario
del dragone figura Zeus, mentre invece a Delfi un
figlio di Zeus,
Apollon, che pero' combatteva piu' una dragonessa che
non un dragone.
Il dragone Typhoeus - detto anche Typhaon, Typhon o
Typhos e spesso
confuso con il Typhon degli egiziani con il quale
pero' non si
identifica - e' nato dopo la sconfitta dei
Titani, come figlio
piu' giovane di Gaia. Suo padre si diceva che fosse il
Tartaro.
Certo, Hera partorí il Typhaon di Delfi, senza la
cooperazione
di uno sposo.
Il Typhoeus dell'Asia Minore nacque nella Cilicia,
meta' uomo meta'
bestia.
In proporzioni e forza superava tutti gli altri figli
di Gaia.
Fino alle anche aveva forma umana, ed era cosí alto da
superare
tutti i monti e spesso con la testa toccava le stelle.
Con un braccio
arrivava fin dove il sole tramonta, con l'altro fin
dove il sole sorge.
Di tra le sue spalle spuntavano cento teste di
serpenti.
Dalle anche in giú il suo corpo era come due
giganteschi
serpenti intrecciati che ugualmente arrivavano in alto
fino alla sua
testa ed emettevano un suono sibilante.
Della voce delle sue cento teste vien raccontato:
essa spesso era comprensibile per gli Dei, ma talvolta
era un muggito
come quello del toro o del leone, spesso somigliava
all'abbaiare del
cane o era un sibilo di cui riecheggiavano i monti.
Tutto il corpo del mostro era alato.
I suoi capelli e la sua barba sventolavano, selvaggi,
nel vento, fuoco
ardeva nei suoi occhi. Sibilando e muggendo, egli
lanciava pietre
contro il cielo e, in luogo di saliva, spruzzava
fiamme vampanti dalla
bocca.
Era ancora incerto, se non dovesse regnare Typhoeus
sugli Dei e sugli
uomini.
Ma Zeus da lontano lo colpiva con fulmini, da vicino
con la falce
d'acciaio, inseguendolo fino al monte Kasion. Quando
egli vide che il
dragone era ferito l'assali in un corpo a corpo.
Immediatamente pero'
rimase avvoltolato dai giganteschi serpenti
mtrecciati, e il dragone
gli levó la falce dalla mano e gli taglió i nervi
dalle
mani e dai piedi.
Egli sollevó Zeus sulle spalle e lo porto', attraverso
il mare,
in Cilicia, per depositarlo nella grotta detta "il
sacco di pelle".
Nello stesso luogo nascose i nervi di Zeus in una
pelle d'orso,
affidandoli in custodia a Delphyne, una dragonessa
meta' fanciulla
meta' serpente.
Hermes ed Aigipan peró rubarono i nervi e li
restituirono illesi
al Dio.
Zeus si risollevo', apparve dal cielo in un carro
tirato da cavalli
alati e insegui il dragone in un primo momento fino al
monte Nysa. Li
il dragone venne ingannato dalle dee del fato, le
Moire, poiché
mangió frutta offerte
da loro, credendo di ricuperare in questo modo le
forze.
Ma quelle frutta si chiamavano cc per un solo giorno.
Continuo poi a fuggire, combatte' in Tracia sulla
montagna Haimos,
lanciando intorno a sé monti interi che furono
macchiati del suo
sangue (haima):
perció quella montagna ha preso il suo nome.
Finalmente raggiunse la Sicilia, dove Zeus gli
scaravento' addosso
l'Etna.
Ancora oggi quel monte rivomita i fulmini che
colpirono il dragone.
In questa storia Hermes sicuramente non e al suo
posto.
Egli era uno dei figli piu' giovani di Zeus ed e`stato
inserito in
questo racconto solo perche' - come si sentira' piu'
tardi, se ne
intendeva del rubare.
In questa funzione pero qui figura Aigipan, vale a
dire il dio Pan,
nella sua qualita' di caprone.
Egli deve esser stato imparentato con il dragone e
deve averlo tradito.
Infatti, anche a Delfi, il dragone locale aveva,
secondo un racconto
che gli da il nome Python, un figlio, di nome Aix.
Piú tardi si raccontava che era stato l'eroe Kadmos,
travestito
da Pan in pastore, ad incantare, prima, Typhoeus, con
il suono della
svrinx e, poi, ad ingannarlo. Egli fece credere al
dragone, che con i
nervi di Zeus
avrebbe voluto costruire uno strumento ancor piu'
magnifico, la lira, e
Typhoeus si lascio' ingannare. Come cio' accade cosi
spesso nelle
storie titaniche, egli soccombette all'inganno.
Lotta
con i Giganti
Un
racconto nello stesso genere delle
storie
titaniche e' anche quello che tratta dei
Giganti. Questi, come
certamente si ricordera, erano nati dalle gocce di
sangue del padre
Cielo mutilato.
« Splendidi nelle loro corazze di bronzo, con lunghe
lancie nelle
mani »
- aggiunge il nostro Esiodo.
Ma essì erano considerati in modo particolare figli
della loro
madre, la Terra.
Per questa ragione i nostri artisti li raffiguravano
come uomini
selvaggi, vestiti di pelli, in atto di scagliare
sassi e tronchi
d'albero, oppure come immensi corpi umani che dalle
anche in giú
avevano forma di
due serpenti intrecciati. Si diceva che essi fossero
nati in una
determinata zona della superficie terrestre, a
Phlegrai, vale a dire
« i campi ardenti », o Pallene.
Il comportamento di Gaia nei riguardi dei Giganti fu
del tutto
differente da quello che essa aveva mostrato nei
riguardi dei Titani in
quella guerra che gli Olimpici avevano condotto
contro i figli del
Cielo, riportando la vittoria con l'aiuto della dea
della Terra e della sua schiera di
mostri.
Pare che in quest'altra occasione perfino i «
Centobraccia
» abbiano appoggiato i Giganti. E cosí fece anche la
loro
madre.
Forse non tanto per vendicare i suoi figli, i
Titani, e il dragone
Typhoeus, quanto piuttosto per il fatto che ormai i
nuovi déi
erano subentrati al posto dei figli del Cielo,
mentre gli intenti di
Gaia erano sempre avversi al Cielo.
Era detto ora che gli Olimpici non avrebbero potuto
prendere
il sopravvento sui Giganti attaccanti, se non con
l'aiuto di un
mortale, o addirittura di due dei nati da madri
mortali.
Pare che non fosse possibile alcuna vittoria senza
l'intervento di
potenze inferiori agli Olimpici stessi.
Zeus aveva al suo fianco non solo i propri fratelli,
ma anche i figli,
tra cui due che erano nati da madri mortali :
Dionysos e Herakles.
Questi dovettero decidere le sorti della battaglia.
Intanto era detto che anche l'aiuto loro potesse
esser contrastato da
qualche cosa, e precisamente da un'erba magica.
Gaia cerco' l'erba per i suoi figli, i Giganti.
Zeus allora proibí all'Aurora, alla Luna e al Sole
di brillare
prima che trovasse lui quell'erba magica. Neanche
altri singolari
artifizi mancarono in questa battaglia.
Il Gigante Alkyoneus non poteva esser vinto finche
cadeva sul suolo
patrio:
percio' Herakles, dopo averlo colpito con la
freccia, lo trascino'
oltre il confine di Pallene, dove poi il Gigante
spiro'.
Al Gigante Porphyrion che assalí contemporaneamente
Hera e
Herakles, Zeus accese nel cuore una tale brama per
la dea, che egli,
nel suo ardore amoroso le strappo' le vesti. In
quell'istante venne
colpito dal fulmine di Zeus e dalla freccia di
Herakles.
Ad Ephialtes Apollon colpi l'occhio sinistro,
Herakles l'occhio destro
con la freccia. Pallas scortico' il Gigante che
portava il suo stesso
nome, Pallas, ed adopero' la sua pelle da scudo o da
corazza.
Con Enkelados, Athene fece ció che Zeus aveva fatto
con il
dragone nella storia di Typhoeus : gli scaglio'
addosso l'isola Sicilia.
Si potrebbe ancora continuare il racconto, come lo
continuarono i poeti
e gli artisti dei tempi posteriori. Esso in ogni
modo finisce con la
vittoria degli Olimpici, ma per la nostra mitologia
ha molto minore
importanza delle storie titaniche piu' antiche. A
queste ultime
appartiene pure un gruppo particolare di racconti :
quello che tratta
del Titano Prometheus e del genere umano, per il
quale Prometheus prese
partito contro Zeus, poiche' dopo la sconfitta dei
Titani, gli uomini
rivaleggiavano con gli Dei.
Ma sarebbe prematura saltare subito a questi
racconti.
Molte cose bisogna
dire prima, e anzitutto
quali altre divinita'
esistevano oltre ai figli di Rhea e di Kronos e
quale era la parte che
esse sostenevano sotto la sovranita' di Zeus.
- Da
"La
Mitologia
dei Greci" di Carlo Kerenyi
|