Delfi

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Recensione: Delfi

Delfi

  Foto da: http://conceptsecontents.blogosfere.it/2009/07/loracolo-di-delfi.html

 
DELFI
 
Coordinate: mostra la località su una carta interattiva 38°28′58″N 22°30′22″E  L'oracolo di Delfi era il più importante oracolo (in greco μαντειον) dell'antica Grecia.
Si trattava di un oracolo sito a Delfi, attribuito a Apollo (Απολλον), Dio che si propone come il principale tramite tra l'onnisciente Zeus e gli uomini.
 Era l'oracolo più importante di tutto il mondo greco, per questo il santuario di Delfi era chiamato "ombelico del mondo", e una pietra scolpita, l'omphalos ne attestava l'importanza.
Con l'eccezione dell'autore degli inni omerici ad Apollo, che gli attribuisce la fondazione dell'oracolo, i mitografi sono divisi in due gruppi: per il primo il dio ricevette l'oracolo in dono da altre divinità, l'altro, forse più antico, parla di una lotta col drago Pitone (Πῦθών) che era il guardiano dell'oracolo, allora posseduto da Gea (Γέ, la principale divinità ctonia) per ottenerne il controllo. Pito (Πῦθώ o anche Πῦθών) era in effetti l'antico nome dell'oracolo, e deriverebbe dal πυθώ (far imputridire, marcire)[1]. Per scontare l'uccisione del serpente Apollo dovette adattarsi a servire come pastore per sette anni sotto il re Admeto, che peraltro lo trattò sempre con rispetto e considerazione. Alla fine del periodo di pena, Apollo rientrò trionfalmente a Delfi sotto forma di delfino, il che va interpretato come una spiegazione paraetimologica per il nuovo nome dell'Oracolo.
 
 Eracle e Apollo si contendono il tripode delfico. Oinochoe attica a figure nere, c. 520 a.C.
Bisogna anche ricordare il mito, più tardo, della lotta per il tripode sostenuta contro Eracle che ambiva anch’egli al possesso dell’oracolo.
La scoperta delle proprietà mantiche dei fumi venne attribuita (Diodoro XVI, 26 – Plutarco de orac. Defect) ad alcuni pastori che pascolando le greggi nella zona osservarono le convulsioni da cui venivano colte le pecore; alcune persone che inalarono quei fumi furono invasi da furore profetico, il che portò infine alla costruzione di un santuario.
 Nonostante la veridicità del fenomeno sia stata messa in dubbio da gran parte degli studosi moderni, che parlavano di una mistificazione o di fatti non riportati correttamente, un recente studio interdisciplinare (pubblicato in Journal of the Geological Society of America N°29/8 nell'agosto 2001) afferma che sono state riscontrate ancora oggi tracce di emanazioni di fumi composti da idrocarburi gassosi provenienti da strati profondi di roccia calcarea bituminosa.


  Il santuario oracolare 
Mentre la migliore descrizione dell'esterno del santuario è quella di Pausania (X 14 §7) per ricostrure il suo interno (αδυτον) bisogna ricorrere alle descrizioni di Plutarco e dei tragici. Nella cella del tempio, davanti alla statua di culto bruciava un fuoco perenne alimentato solo di legno di abete (Eschilo Coefore 1036 - Plutarco De Ei ap. Delph.). Dal tetto pendevano innumerevoli ghirlande d'alloro (Eschilo, Eumenidi 39). Al centro del pavimento era una crepa detta Χασμα da cui si sprigionavano vapori[2] capaci di indurre una specie di trance. Al di sopra di questa crepa era piazzato il tripode su cui la sacerdotessa (chiamata Pizia) si sedeva durante le sessioni oracolari. L'effetto dei fumi viene descritto come molto ineguale, per lo più si limitava ad indurre un delirio durante il quale la pizia pronunciava suoni e parole sconnesse che venivano accuratamente trascritte e successivamente interpretate e comunicate all'interrogante, talvolta era così violento da gettare la pizia in convulsioni giungendo anche ad ucciderla (Diodoro XVI, 26 – Strabone IX 419 et passim – Plutarco de orac. Def). Erodoto ed altri riferiscono di occasioni in cui la voce del dio era stata udita direttamente da postulanti, senza il tramite della pizia.
Gli oracoli erano pubblicati quasi sempre in esametri, un verso che sarebbe anzi stato inventato da Phemonoe, la prima pizia. La lingua era generalmente dialetto ionico ma sono noti oracoli in dorico. All'entrata del tempio c'era una scritta: "ΓΝΩΘΙ ΣΕΑΥΤΟΝ", "Conosci te stesso".
Ti avverto, chiunque tu sia. Oh tu che desideri sondare gli arcani della Natura, se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi non potrai trovarlo nemmeno fuori. Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie? In te si trova occulto il Tesoro degli Dei. Oh Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei
Oracolo di Delfi

Sacerdoti e profetesse 
Le pizie erano prescelte tra le famiglie di poveri contadini, nate a Delfi; il compito della sacerdotessa era rischioso e le si imponeva, una volta entrata nel santuario, di non lasciarne mai più il servizio, oltre ad un assoluto nubilato. Nei tempi antichi le pizie erano prescelte ancora fanciulle ma dopo un increscioso caso di seduzione si ricorse all'espediente di scegliere solo donne oltre i cinquanta, che però per tradizione indossavano abiti da giovinetta. Nel periodo aureo di Delfi erano presenti nel santuario fino a tre pizie (due che davano responsi alternandosi, una tenuta, per così dire, di riserva in caso di incidenti collegati alla intossicazione). Ugualmente era possibile consultare l'oracolo non più solo un giorno all'anno, come nei tempi arcaici, ma alcuni giorni ogni mese. I membri dell'aristocrazia di Delfi esercitavano le cariche sacerdotali che controllavano l'oracolo. In particolare i cosiddetti Ὅσιοι (Hòsioi), cinque sacerdoti che erano praticamente i veri responsabili delle profezie, erano sempre scelti all'interno di cinque famiglie che si ritenevano discendenti diretti di Deucalione (Euripide, Ion.411 - Plutarco Quaestiones Grecae 9) Si ritiene generamente che i Delfi, che esercitavano il controllo ultimo sulle interpretazioni dell'oracolo, dovessero essere in possesso di una notevole mole di conoscenze a cui ricorrere, dato che spesso i consigli dati dall'oracolo si rivelavano sensati. Seppure molti oracoli fossero oscuri e talvolta (volutamente?) ambigui, molti sono estremamente diretti e chiari, rispecchiando evidentemente la volontà dei sacerdoti.

Apogeo e decadenza  
L'oracolo di Delfi raggiunse il suo apogeo nell'età delle fondazioni delle colonie greche. Era impensabile partire per una fondazione coloniale senza un responso oracolare. L'oracolo poi veniva spesso consultato per dirimere le contese fra colonie e madrepatria. Altra caratteristica dell'oracolo era una sua costante inclinazione a favorire i Dori sugli altri popoli greci. Sparta in particolare godeva in certi periodi di un vero e proprio trattamento di favore. Allo scoppio della guerra del Peloponneso questa preferenza divenne così accentuata che Atene e i suoi alleati divennero sempre meno inclini ad accettare gli oracoli (Plutarco, Demosthenes, 20), cosa che ultimativamente causò il declino della sua popolarità; ai tempi di Plutarco, come nei tempi più antichi, a Delfi non vi era più di una sola pizia in servizio, e le sessioni oracolari tornarono a rarefarsi, un solo giorno al mese; inoltre, essendo venute a mancare le richieste di oracoli su importanti questioni religiose e politiche (a causa della fine dell'indipendenza greca) venne meno l'uso di redigere gli oracoli in versi, non più adatti alle ben più prosaiche questioni che ormai venivano presentate (Plutarco De Pith.Orac 28). Tutto questo ebbe ripercussioni sull'autorità dell'oracolo, dato che anche coloro che ancora lo consultavano in buona fede spesso non potevano credere che il dio si occupasse con grande cura di materie spesso triviali.
Tanto che nel 360 quando Giuliano, ultimo degli imperatori romani che cercò di risollevare il paganesimo, volle avere un responso dall'oracolo gli fu data questa risposta:
« Dite al re che sono crollate le corti sfarzose, Febo non abita più qui, non ha più lauro oracolare né sorgente che favella; l'acqua parlante si è ammutolita. »
  Pochi anni dopo l'imperatore Teodosio I, a partire dall'anno 391, con una serie di editti, decretò la fine dei culti pagani e nel 394, la chiusura definitiva del santuario.

Abbandono e riscoperta 
Per impedire che il tempio venisse riconvertito in chiesa cristiana (come capitò a molti edifici sacri dell'epoca), gli ultimi sacerdoti pagani distrussero volontariamente [senza fonte] l'edificio (diroccandone il tetto ed abbattendone le possenti colonne, i cui blocchi caddero l'uno sull'altro) ed i principali edifici sacri, che ben presto vennero ricoperti dai detriti delle frane e dalla vegetazione.
I muri e le colonne affioranti vennero usati nel medioevo per la costruzione della nuova città di Delfi, sita leggermente più a valle. Ma una città costruita con elementi architettonici antichi non poteva passare inosservata: così, alla metà dell'Ottocento (subito dopo la guerra d'indipendenza greca), furono compiuti i primi scavi sistematici, che portarono alla scoperta degli edifici e dei monumenti più importanti. Grandissima parte delle suppellettili sono tuttora conservate nel vicino museo, ed attirano un grandissimo numero di visitatori.
  
DA: http://it.wikipedia.org/wiki/Oracolo_di_Delfi


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