Il Mestruo, Persefone e Medusa
di Barbara Coffani e Anna Pirera
Rendere omaggio alla sacralità del mestruo.
Avere le mestruazioni,
significa essere donne, significa essere diventate in grado di avere
figli, perché il mestruo compare nel corpo della ragazza se e
solo se nel suo corpo è presente una minima percentuale di
grasso, vale a dire che è pronta per svilupparsi sessualmente
una ragazza che sia anche abbastanza forte ed in buona salute per
generare figli e partorire. Non vengono le mestruazioni – leggi:
non possono rimanere incinte – alle ragazze sottopeso,
perché la Natura sa che le poche scorte presenti nel corpo di
una ragazza troppo magra servono alla sua sopravvivenza.
In quest’ottica, le mestruazioni non sono più un flagello bensì un privilegio.
Il sangue mestruale è
misterioso, perché esce da una ferita che non c’è,
sgorga spontaneamente, generosamente offerto dal corpo della donna con
la stessa spontaneità e generosità con cui la donna
genera nuova vita. Il sangue mestruale è sangue di vita.
Se nell’antichità
doveva essere versato del sangue per sacrificare agli dei o propiziarsi
la fertilità della terra, il sangue mestruale era l’unico
che si poteva ottenere in maniera “etica”, e a differenza
dell’uccisione di animali o umani non richiedeva alcun
sacrificio.
Lungo i millenni della
preistoria e per tutta l'epoca neolitica (dal 30.000 al 2.000 a.C.), il
colore rosso dell'ocra caratterizzava oggetti e figure rituali. Su
manufatti e figurine, nonché lungo le pareti dei templi, sono
state invariabilmente ritrovate tracce di ocra rossa, tanto che a oggi
la presenza di tali tracce viene considerata prova dell'uso rituale
dell'oggetto.
Prima dell’era
patriarcale, prima dell’idea che la donna sia
l’incarnazione degli istinti più bassi, prima che il
sangue mestruale fosse visto come portatore di morte, come ciò
che dissecca le piante, come sterilità, era evidente a tutti che
il sangue mestruale è sangue di vita, non di morte. E le antiche
tradizioni ci insegnano che è un ottimo fertilizzante per le
piante. La fertilità della terra era assicurata, nei riti
primaverili, dal passaggio delle donne col ciclo che ne risvegliavano
il potere generativo attraverso le gocce di sangue che rendevano la
terra feconda.
La Dea nel suo volto di generatrice e madre era rossa, come rossa era l’ocra che tingeva gli spazi e le figure sacre.
La donna è fertile
finché c’è sangue ed era evidente per gli antichi
che era il sangue l’essenza della vita, tanto è vero che,
scomparso il sangue, dopo 10 lune appariva un bambino. I bambini dunque
erano fatti di sangue e il mistero sacro - origine di ogni religione -
era la trasformazione del sangue in vita che si opera nel corpo
femminile.
In molte antiche cosmologie la
razza umana viene creata non dallo sputo e l’argilla cui il
cristianesimo ci ha abituati, bensì dall’argilla e dal
sangue, ad opera della Dea.
E prima che vi sia sangue, nel
tempo dell’infanzia, non vi è fertilità e quando
non c’è più sangue, con la menopausa, cessa anche
la fertilità.
Quanto abbiamo dimenticato
è dunque che il sangue mestruale, in quanto essenzialmente un
sangue di vita, non ha nulla, davvero nulla a che vedere con il sangue
di morte delle guerre dei popoli guidati da uomini.
Ancora oggi in molte aree
della terra, la polvere rossa è il segno del sacro e riti per la
sacralità del mestruo sono celebrati in diverse tradizioni.
In India c'è un tempio
molto interessante: un un mito racconta che Brahma taglia dei pezzi
della Dea Sati, il cui corpo senza vita era portato da Shiva… e
uno di essi, la vulva, cade a Kamakya, Assam. Lì la yoni
è venerata da millenni. Vi si trovaè una roccia a forma
di vulva con una fenditura sempre umida. Dalla vulva della dea scorre
lo yoni-tattva, il liquido divino. Ci sono rappresentazioni della dea
Devi o Kali sdraiata a gambe spalancate…
Una volta all’anno la pietra si colora di rosso, all’inizio dei monsoni. E’ il sacro ciclo della Dea.
Nei testi tantrici si parla di cibo-sangue, oggetto di venerazione e ritenuto curativo e dotato di potere magico.
Sempre in Oriente, India e
Nepal, in ogni tempio la kukkuma rossa è un'offerta alla Dea o
viene usata per i lavacri della divinità, quando non è
l'elemento principale, come nei templi di Kali.
E non mancano le raffigurazioni della Dea mestruata, come nella raffigurazione che qui vedete.
Assai vicine a noi per
alcunecaratteristiche della civiltà in cui viviamo, che tanto
deve alle origini greco-romane, le Dee della mitologia greca ci
presentano alcuni aspetti archetipici della donna in questa fase del
ciclo.
Persefone e il melograno
La giovane Persefone è
rapita da Plutone dio degli inferi che la porta con sé
nell’oltretomba. La discesa agli inferi, l’isolamento con
un individuo più anziano - leggi più esperto - di sesso
maschile, la durata “a termine” del rapimento e le
conseguenze che esso ha sulla terra visibile sono una metafora della
donna che ha avuto accesso al mestruo.
E’ una discesa agli
inferi, una sorta di iniziazione, e per tradizione
nell’antichità le iniziazioni ed i riti di passaggio
avvenivano in luoghi oscuri e chiusi, grotte o cunicoli che recavano
sotto terra. Persefone è accompagnata da un maschio per indicare
che non è più una bambina. Plutone il saggio l’ha
vista nella sua realtà di donna appetibile, attraente, capace di
riprodursi.
Il fatto che Persefone assaggi
il melograno è forse l’immagine più bella di tutto
il mito: il melograno è tradizionalmente il frutto
dell’aldilà ma anche della fertilità. Compare in
autunno dopo il raccolto, quando la stagione è
“matura”, e orna le nostre tavole durante le feste dei
morti. E’ un frutto diviso in due o più parti delimitate
da una membrana chiara molto legnosa e che “lega” in bocca,
ed ogni membrana è piena di succosi chicchi rossi. Mi viene
naturale associarlo alle ovaie piene di follicoli.
Quando Persefone
ritornerà sulla terra visibile, Demetra si accorgerà
subito che la figlia ha mangiato il frutto dei morti legandosi per
sempre a Plutone, da cui tornerà periodicamente. Significa che
nella giovane donna è avvenuto un cambiamento irreversibile. Non
è più una fanciulla.
Inoltre è significativo
che il melograno sia il frutto dei morti: la mortalità infatti
è strettamente connessa alla necessità di riprodursi per
continuare la specie. Noi esseri umani, per non sparire non abbiamo
nessun’altra possibilità che quella di continuare a
riprodurci.
Si tratta di un rapimento a
termine perché Plutone concede a Persefone di tornare sulla
terra di tanto in tanto, vale a dire che il periodo oscuro del mestruo
è limitato, come pure la necessità di isolarsi dagli
altri. A breve la donna torna “sulla terra”, torna ad
essere disponibile alle relazioni, fatto non soltanto sociale ma anche
biologico: avere delle relazioni infatti è la condizione sine
qua non per la continuazione della vita.
Infine, durante
l’assenza di Persefone, Demetra tanto piange e tanto si duole
fino a dichiarare un vero e proprio “sciopero” col quale
condanna la terra alla sterilità. Nulla di più ovvio: le
mestruazioni sono il segno, il marchio della sterilità,
poiché cadono inequivocabilmente là dove non
c’è gravidanza.
Il volto di Medusa
Anche il
mito di Medusa può simboleggiare lo stato della donna in fase
premestruale e mestruale. L’affinità è in primo
luogo fisica: prima e durante il mestruo in genere diventiamo brutte.
Improvvisamente i capelli diventano pesanti e opachi, la pelle grigia,
lo sguardo cupo, segnato e spento. Talvolta desideriamo vestirci di
scuro e ci incupiamo nel carattere: diventiamo insofferenti,
malinconiche, ricerchiamo la solitudine, il silenzio. Mostriamo, si
direbbe, il volto di Medusa.
Se questo è il vostro
caso, ecco che subentra anche l’affinità psicologica con
Medusa: vorremmo rifugiarci in un antro che non sia violato da nessuno
e che risulti repellente per allontanare tutti e garantire “a
noi” la tranquillità di cui abbisogniamo. Ma la vita
quotidiana ci impone di reprimere il desiderio di silenzio e di
continuare a comportarci come se fossimo in perenne fase ovulatoria, e
questo ci porta allo scatto d’ira, alla crisi isterica, alla
reazione violenta, fulminea, inaspettata, che lascia di pietra le
persone contro cui è rivolta.
La nostra è la reazione
di Medusa: esagerata, nella maggior parte dei casi “fuori
luogo”, non proporzionata alla causa di fastidio ma proporzionale
al desiderio di staccare e alla resistenza con cui ci accaniamo a fare
come se niente fosse.
Altra peculiarità di
Medusa è il serpente. Il serpente cambia pelle, muta,
così come la donna muta ogni mese e cambia la propria
“pelle” con lo sfaldamento dell’utero. A
tutt’oggi il serpente è il logo di medici e farmacisti, ma
nello specifico della vicenda di Medusa, il suo sangue raccolto da
Atena e condiviso con Asclepio contiene al contempo due opposti poteri,
essendo al tempo stesso terribile strumento di morte e potente
talismano risanatore: quale altro sangue è così
ambivalente, se non quello mestruale?