Racconti sull'umanità - Greca Classica - 02-

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Le Età del Genere Umano
Tratto da "Le Metamorfosi" di Ovidio

    "Germinò l'età prima, quella dell'oro, che spontaneamente, senza chi punisse, senza costrizione di legge, praticava lealtà e giustizia. Paura di pena era ignorata, né si leggevano su esposte tavole di “bronzo” minacciose parole, né suppliche la gente paventava gli sguardi del proprio giudice, vivevan sereni. Non ancora, reciso, il pino dai suoi monti era sceso nelle fluenti onde, per visitare il mondo remoto: gli uomini altri lidi non conoscevano all'infuori dei propri.
    Non ancora profondi fossati cingevano mura cittadine; non esisteva la tromba lunga di bronzo, né il bronzeo corno ritorto, né elmo, né spada; senza necessità di guerrieri, tranquille le genti traevano riposi sereni.
    Anche la terra medesima, vergine, non toccata da attrezzi, né lacerata da aratri, di per sé, tutto produceva; e gli uomini, appagati di frutti spontanei, senza che la terra li costringesse, raccoglievano bacche di corbezzolo, fragole montane, corniole, more appese a irti roveti e ghiande, che erano cadute dal frondoso albero di Giove.
    Perpetua era la primavera: zefiri sereni, con tiepidi soffi, accarezzavano fiori germogliati senza seme. E tosto anche le messi produceva la terra pur non arata: pur non lasciato a riposo, il campo imbiondava per spighe ricolme; ora fiumi di latte, ora di nettare scorrevano, e dal verde leccio stillavano gocce di giallo miele.
    Ma poi che Saturno fu cacciato nelle tenebre del Tartaro e il mondo soggiacque a Giove, subentrò l'età argentea, men preziosa dell'oro, più pregiata del fulvido bronzo. Giove contrasse la durata dell'antica primavera; con inverni, calure estive, incostanti autunni e brevi primavere, fece volteggiare in quattro tempi l'anno.
    Allora, per la prima volta, l'aria riarsa da torride vampate prese a biancheggiare, e per i venti il ghiaccio di indurì in cannelli sospesi. Allora, per la prima volta gli uomini si rintanarono nelle case; e case furono le spelonche, dense macchie e verghe annodate da cortecce. Allora, per la prima volta i semi di Cerere furono interrati nei lunghi solchi e gravati dal giogo gemettero i giovenchi.
    Terza dopo questa, si avvicendò l'età del bronzo, di natura più cruda, più pronta alle armi tremende, tuttavia non empia.
    Di duro ferro è l'ultima: nell'età del metallo più scadente, tosto irrompe ogni nefandezza: pudore, verità, lealtà si dispersero in fuga e sottentrarono al loro posto frodi, raggiri, insidie e violenze e desiderio maledetto di possesso. Il nocchiero spiegava le vele ai venti, né ancora bene li aveva conosciuti, e le chiglie, che a lungo erano state come alberi sugli alti monti, presero a balzare sulle onde mai prima viste; guardingo, l'agrimensore con una lunga traccia delineò il suolo, bene di tutti un tempo, al pari della luce del Sole e dell'aria.
    Né soltanto al fecondo suolo si chiedevano le messi e il debito sostentamento: ci si spinse nelle viscere della terra: si trassero alla luce tesori che essa aveva nascosti e avvicinati alle ombre dello Stige: e fu stimolo alle nostre sciagure. Già era apparso il ferro malefico e l'oro più malefico del ferro; appare la guerra, che con l'uno e con l'altro si accende e con le mani sanguinose squassa le armi con fragore. Si vive di rapina; l'ospite non si affida all'ospite, né il suocero al genero: rara è anche l'armonia tra fratelli. Vigila a scopo di morte l'uomo sulla sua compagna, e questa sul marito; terribili noverche apprestano intrugli di aconito mortale; precedendo il tempo, il figlio specula sugli anni del padre. Distrutto cade ogni legame sacro; ultima degli Dei celesti, la vergine Astarea abbandona la Terra intrisa di sangue.”


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